Questo è un momento molto importante per Deesup: ha ribadito il suo impegno ambientale con l’iniziativa Forest Month e quello sociale con la pubblicazione del suo Manifesto ufficiale. Quest’ultimo, disponibile online, è una presa di posizione sulla strada intrapresa dalla start up, che vuole unire business a etica, non lasciando indietro nessuno degli attori coinvolti. Diviso in quattro punti, tocca dall’inclusività all’impatto ambientale, dal nuovo concetto di lusso all’educazione al consumo. Perché oggi a guidare le aziende di successo non è più solo il profitto, ma anche e soprattutto la sostenibilità a 360°.
I fondatori di Deesup Valentina Cerolini e Daniele Ena ci raccontano perché hanno deciso di pubblicare un manifesto della loro attività e qual è il suo significato.
Perché un manifesto? Perché avete sentito la necessità di crearne uno a differenza della maggior parte delle attuali realtà?
Valentina: Perché siamo in un momento di maturità della nostra impresa e abbiamo voluto mettere nero su bianco quelle che sono la nostra vision e la natura dell’attività che svolgiamo quotidianamente. La nostra è un’attività di business, certamente, ma ispirata a un principio di economia circolare. Poiché applichiamo ogni giorno questi valori in maniera indiretta, abbiamo voluto scrivere un manifesto per formalizzarlo e divulgarlo.
Daniele: Abbiamo voluto farlo anche per un atto di chiarezza nei confronti di tutti gli attori che fanno parte di Deesup, quindi non soltanto chi vende o acquista sulla nostra piattaforma, ma anche i nostri partner strategici come venditori professionali, partner logistici e investitori. Volevamo essere chiari e spiegare chi siamo e quello che vogliamo fare. Per noi il manifesto rappresenta un impegno concreto non solo per la sostenibilità, ma anche in ambito sociale, ambientale e di divulgazione dei nostri valori e obiettivi.
Il primo punto recita: “Valorizzare la dimensione sociale del nostro business”: perché inclusività e sostenibilità vanno di pari passo? Nel team di Deesup, a maggioranza femminile, e convivono 5 culture diverse: cosa dà in più la diversità?
Valentina: Noi vogliamo avere un impatto sociale, infatti, l’obiettivo di noi founder è quello di rendere Deesup una società benefit entro il 2023. Sappiamo che è un percorso lungo, ma noi ci stiamo attrezzando per affrontarlo in maniera preparata e consapevole. La consapevolezza è, infatti, fondamentale tanto per noi founder quanto per tutto il team: essere inclusivi e internazionali, lavorando con persone e figure molto diverse tra loro, crediamo possa aiutare nella condivisione.
Daniele: Le nostre esperienze professionali e umane ci hanno fatto capire l’importanza della diversità, che è uno stimolo a fare meglio. Dalle differenze culturali si acquista valore perché si scoprono e si comprendono esigenze diverse, si impara a venirsi incontro l’un l’altro. Ma non solo: si può capire meglio come comunicare la nostra mission anche a chi non è particolarmente sensibile al tema dell’ambiente.
Il secondo punto parla di un innovazione del modello di consumo del design di lusso: perché questo settore specifico?
Valentina: Il lusso fa parte del nostro manifesto perché contraddistingue l’attività che svolgiamo, nello specifico l’industry alla quale ci rivolgiamo e nella quale abbiamo scelto di operare. In tal senso, noi abbiamo notato un gap nel mercato, che noi abbiamo voluto colmare con Deesup.
Ma cos’è il lusso oggi? Come lo intendete voi?
Valentina: Il lusso oggi nell’ambito dell’arredamento comprende tutte quelle cose che sono belle, preziose e di valore, ma non solo in termini oggettivi. Quindi, per esempio, non solo le icone realizzate dai grandi designer, ma anche tutto ciò che è apprezzato da una community estesa, che condivide il valore del design come eterno. Vogliamo inoltre superare il concetto di lusso come qualcosa di inaccessibile. Non vogliamo certo trasformarlo in una commodity, ma renderlo più trasversale. Tutto questo rientra anche in un concetto di benessere delle persone, che possono quindi finalmente avere un’icona di design preziosa nella propria casa.
Daniele: Il lusso sta sicuramente nei materiali che compongono un oggetto, ma anche nel suo percorso di progettazione, costruzione e mantenimento. Noi con Deesup vogliamo rendere questo lusso più accessibile a una platea sempre più ampia di persone.
Quindi il lusso oggi è più democratico anche grazie a realtà come Deesup. Ma è forse anche tornato a essere più legato al valore culturale e non solo a quello intrinseco?
Daniele: Sì. Il lusso non è più ostentazione. A rendere un oggetto di lusso è la storia che ha dietro di sé: come è stato concepito e perché in quel determinato periodo storico, perché nonostante abbia magari cinquanta o sessant’anni, è ancora attuale e interessante.
Per leggere il manifesto di Deesup clicca qui!
Il terzo punto del Manifesto è fondamentale e parla della riduzione dell’impatto ambientale di Deesup: come state agendo in concreto?
Daniele: A oggi, abbiamo avviato diversi progetti, tra i quali quelli per la riduzione dell’impatto dei nostri trasporti. Noi d’altronde movimentiamo prodotti, ma vogliamo fare in modo che questi trasporti siano il meno impattanti possibile. Per questo, abbiamo aderito al programma di DHL, nostro principale partner logistico, chiamato Go Green: per ogni spedizione effettuata, le emissioni di CO2 legate al volume trasportato sono compensate con attività di riforestazione, tutela dell’ambiente e delle comunità in varie parti del mondo, con progetti specifici. Abbiamo scelto di agire direttamente in accordo col partner logistico per essere sicuri del rapporto tra volumi trasportati ed emissioni di CO2.
Valentina: Questa è una delle svariate azioni concrete che abbiamo messo in atto. Infatti, trasportare prodotti è solo una delle nostre attività, ma non la principale. Noi vogliamo rendere il nostro modo di lavorare il meno impattante possibile a 360°. Per esempio, rendendo il nostro sito carbon neutral: siamo consapevoli che anche un’attività online ha un impatto ambientale tra server, energia elettrica, di rete, ecc. Questo è un aspetto che nessuno dovrebbe ignorare. C’è però poca informazione in merito perciò abbiamo voluto approfondire per capire quanto oggi impattiamo e quanto lo faremo con le nostre prospettive di crescita, e quindi cosa possiamo fare nel frattempo. Ci stiamo muovendo proprio per evitare che alla crescita dell’azienda corrisponda quella delle emissioni e dell’impatto inquinante. L’obiettivo di essere carbon neutral è ambizioso ma è lì che vogliamo arrivare.
Deesup consente anche la consegna a mano dei prodotti per contenere l’impatto del trasporto, ma incentivare l’acquisto locale è un limite o una risorsa? Ovvero, non rischia di esserci meno circolazione del design in zone lontane dai centri urbani più grandi?
Daniele: Non è un limite perché è esclusivamente un’opzione aggiuntiva, che vuole sensibilizzare le persone sulla possibilità di non dover coinvolgere tutta la filiera della consegna. In questo modo vogliamo far capire come in alcuni casi l’impegno personale di recuperare in autonomia l’oggetto possa aiutare l’ambiente. È un’opzione da considerare in ottica di semplificazione di vendita, acquisto e consegna, ma che ha anche una funzione educativa, facendo percepire come si spostano e si muovono i prodotti, e come le nostre azioni possono fare bene all’ambiente.
Valentina: Grazie alla geolocalizzazione, Dessup favorisce i venditori in prossimità dell’utente, che scegliendoli risparmia tempo e chilometri, a maggior ragione se li ritira in persona. Con il lancio del manifesto, vogliamo favorire questa opzione perché crediamo abbia un maggiore valore di sostenibilità rispetto ad altre soluzioni, magari più comode ma più inquinanti. Vorremmo che gli utenti si responsabilizzassero.
L’ultimo punto del Manifesto è dedicato alla volontà di sensibilizzare la community sui temi della sostenibilità: come si educa? Come si trasmettono i valori del riuso e dell’economia circolare? Negli ultimi anni il mondo del fashion va molto in quella direzione, cosa succede nel mondo del design?
Valentina: Noi vogliamo che il riuso non sia un’abitudine ma un trend. Il fashion lo ha già fatto e noi vogliamo traslarlo in un settore che magari è un po’ più indietro, dove i beni sono più durevoli e sono intesi come dei piccoli investimenti che le persone fanno con la previsione di tenerli per sempre, non avendo l’abitudine di cambiarli o rinnovarli. Noi vogliamo creare un nuovo modo di gestire l’arredamento e il design. Non vogliamo solo educare al vendere e all’acquistare usato, ma anche trasmettere il concetto che farlo è un trend che coinvolge migliaia di persone.
Daniele: Quando è nato Deesup ci prendevano per matti. Noi, però, abbiamo svolto uno studio del settore e abbiamo compreso esserci un bisogno latente sia tra i venditori che tra gli acquirenti: noi li abbiamo messi in comunicazione. Grazie a strumenti divulgativi che sapessero raccontare i prodotti, siamo riusciti a costruire una community di oltre 20 mila utenti. L’impegno è che sempre più persone abbraccino questa filosofia di vita del riuso. Noi crediamo che il ciclo di vita del prodotto non si esaurisca al primo uso, ma che possa proseguire in altre case.
Quali sono le prospettive future di Deesup?
Daniele: Come spieghiamo nel manifesto, abbiamo l’obiettivo di raggiungere i 200 mila arredi di design in vendita sul nostro shop. Per farlo, vogliamo aprirci a tutta l’Europa, ampliando perciò il nostro mercato.
Valentina: Questa quantificazione è importante perché fa capire nel caso in cui li vendessimo tutti, quale potrebbe essere il nostro impatto. La vita di moltissimi oggetti si prolungherebbe, andando così a evitare consistentemente la produzione del nuovo, con risvolti positivi per l’ambiente.