C’è un modo di progettare che non chiede permesso: entra nella stanza, prende la luce, ti mette addosso un’emozione e non la molla più. È il modo di Gaetano Pesce, capace di passare dalla poltrona che si gonfia da sola alle superfici-colata, dai manifesti del radicalismo alla moda, dalla piccola tazza al grande allestimento, senza mai perdere di vista una cosa semplice – l’oggetto deve parlare di noi, delle nostre contraddizioni, dei desideri e delle ferite che abitano la vita reale.
INDICE
- Origini, formazione e un carattere fuori cornice
- Gli anni della ribellione gentile – cosa voleva dire “radicale” davvero
- La serie Up e la “Donna” con sfera: un gesto che ha cambiato il salotto
- Il laboratorio dove l’errore diventa valore
- Dal feltro alla sedia che sfida i confini
- Spazi, mostre, installazioni: quando l’architettura diventa narrazione
- Dialoghi con la moda e sedie uniche e allestimenti che si ricordano
- Senso civile e la forma come manifesto (e perché a volte scandalizza)
- Portare Pesce in casa: come far convivere energia e misura
- Dentro la materia di Gaetano Pesce
- Come e dove cercare: musei, gallerie, aste e il second hand selezionato su Deesup
- Conclusioni – il coraggio dell’imperfezione che ci somiglia
1. Origini, formazione e un carattere fuori cornice
Nato a La Spezia nel 1939 e scomparso nel 2024, Pesce costruisce sin da subito un rapporto fisico con i materiali. Si avvicina all’architettura, ma capisce presto che per lui progettare non è “disegnare cose belle”: è interrogare la società attraverso gli oggetti. Tra Venezia e Milano affina una curiosità quasi scientifica per le materie plastiche, proprio mentre il secondo dopoguerra chiede case nuove, modi nuovi di vivere e un’industria pronta a sperimentare. La sua è una personalità narrativa – ogni pezzo racconta una storia – e insieme ostinata: i limiti tecnici non sono ostacoli, sono trampolini di lancio. Questa attitudine lo porterà a collaborare con aziende illuminate, con atelier artigiani e con un pubblico che, davanti ai suoi lavori, raramente resta indifferente.
2. Gli anni della ribellione gentile – cosa voleva dire “radicale” davvero
Nella stagione che chiamiamo “radicale” non contavano le parole d’ordine, contava l’atteggiamento. In dialogo con figure come Ettore Sottsass, Pesce rifiuta l’idea di un design neutro e universale: rivendica il diritto dell’oggetto a essere parte in causa, a dire la sua sul mondo. Il progetto smette di cercare l’ordine per l’ordine e torna a farsi umanissimo – contraddittorio, ironico, capace di prendere posizione. È qui che maturano tre ingredienti che troveremo sempre nei suoi lavori: la materia viva (che non si comporta mai due volte nello stesso modo), la colata come gesto espressivo, la diversità come valore. Da allora, il “bello” non coincide più con la perfezione: coincide con la verità di un materiale e con l’energia che sprigiona.
3. La serie Up e la “Donna” con sfera: un gesto che ha cambiato il salotto
Quando nel 1969 arriva la serie Up – prodotta allora dall’azienda di Novedrate che di lì a poco prenderà il nome con cui la conosciamo tutti – succede qualcosa di mai visto. L’imbottito non è più un blocco pesante: è schiuma a cellule aperte compressa sottovuoto, spedita piatta e pronta a “nascere” nel tuo soggiorno non appena apri l’involucro. La poltrona che chiameremo “Donna” (o Up5) è spesso accompagnata da un pouf sferico collegato da un cordone: immagine potente, ambigua, che ha acceso interpretazioni e dibattiti. Tecnica e senso convivono senza sforzo: il materiale fa spettacolo per come si comporta, la forma parla di legami e libertà, il colore pieno dichiara di non voler scomparire. È un progetto che cambia il modo di sedersi e, soprattutto, il modo di pensare al divano come a un oggetto “vivo”.
4. Il laboratorio dove l’errore diventa valore
Pesce lavora con termoindurenti – in particolare resine poliuretaniche ed epossidiche – che catalizzano in tempi controllati. Le pigmenta, le stratifica, le versa in stampi aperti o semiaperti, accetta la variazione come parte dell’opera. Non esistono due esemplari uguali: la temperatura, l’umidità, la mano – perfino il tempo di attesa tra una colata e l’altra – producono differenze che non vengono corrette, vengono celebrate. Questa è la rivoluzione: l’unicum non come eccezione ma come metodo, anche in serie limitate. Così nascono superfici con bordi “morbidi”, colori che si mischiano come acquerelli, spessori che raccontano la gravità. La “difettosità” diventa firma, l’artigianato rientra dalla porta principale nel cuore dell’industria.
5. Dal feltro alla sedia che sfida i confini
Accanto alle colate, c’è un filone che gioca con materiali primari e trattamenti intelligenti. Emblematica la seduta in feltro rigido – ottenuta impregnando la lana con resine termoindurenti – dove la parte alta resta morbida e accogliente, quella bassa diventa struttura. È un ibrido tra coperta e trono, tra gesto affettuoso e architettura. Poi arrivano i tavoli-colata dalle dimensioni generose, con piani in resina che inglobano pigmenti e piccoli corpi estranei, e le sedie di collezioni in cui ogni elemento cambia nei dettagli – schienali che colano, gambe che si assottigliano, colori che sfumano – perché la ripetizione non diventi mai routine. In parallelo, un mondo “domestico” di vasi, centritavola e oggetti da tavola che portano sul ripiano di casa la stessa idea di unicità.
6. Spazi, mostre, installazioni: quando l’architettura diventa narrazione
L’interesse di Pesce per il paesaggio umano lo spinge oltre il prodotto. Nei suoi allestimenti l’architettura è una storia da attraversare: pareti che colano, grotte di resina che cambiano tono con la luce, superfici che sembrano appena uscite dal laboratorio. In negozi, gallerie e spazi culturali mette in scena un’esperienza fisica fatta di colori intensi, profili irregolari, percorsi che ti portano dove non ti aspetti. Il risultato è sempre lo stesso: si esce con un racconto addosso. Non stupisce che molte istituzioni internazionali abbiano dedicato alle sue opere sale permanenti o retrospettive di peso – la dimensione museale è consanguinea a questa poetica, ma serve soprattutto a ricordarci che quegli oggetti sono nati per essere usati, non solo ammirati.
7. Dialoghi con la moda e sedie uniche e allestimenti che si ricordano
Quando l’universo della moda gli chiede una mano, Pesce risponde con ciò che sa fare meglio: pezzi unici e ambienti immersivi. Le sedie per una sfilata diventano tutte diverse – colore, venature, spessore – perché chi si siede capisca che sta occupando un posto irripetibile. In boutique milanesi compaiono grottes di resina e scenografie a tutto corpo, in cui gli abiti si lasciano avvolgere da un paesaggio cromatico fortissimo. È un incontro naturale: come un abito cucito addosso a chi lo indossa, anche le superfici-colata sembrano adattarsi a chi le vive, con quella piccola sgrammaticatura che rende tutto più umano.
8. Senso civile e la forma come manifesto (andrà bene anche in salotto)
Dietro l’energia ludica, l’opera di Pesce tiene sempre accesa una domanda civile. La serie Up parla di libertà e legami; molte poltrone sembrano “sconfinare” dalla loro impronta – come persone che rifiutano di essere inquadrate; alcune sculture pubbliche dedicate a figure popolari hanno innescato discussioni accese su simboli, corpo e identità. È il prezzo – e il valore – di un lavoro che rifiuta la neutralità. E qui sta il punto interessante per chi arreda: quell’energia non è appannaggio dei musei. Può vivere benissimo in salotto, se la si accoglie con misura e si lavora su palette e luce perché la casa resti il luogo di chi la abita, non di chi l’ha progettata.
9. Portare Pesce in casa: come far convivere energia e misura
La regola è semplice: uno o due accenti, non di più. Una poltrona importante in un living essenziale, un tavolo-colata che fa da protagonista in sala da pranzo, una coppia di vasi in resina su una consolle di legno naturale. Il resto della stanza deve offrire respiro visivo: superfici opache (calce, legno spazzolato, pietra serena), tessuti pieni (lino, velluto di cotone), luci calde e regolabili. Funziona bene il contrasto tra materia tattile e resina lucida: il rovere attenua, l’ottone satinato scalda, il tappeto a trama larga assorbe riflessi. E se vuoi citare Pesce senza impegnarti in un pezzo monumentale, scegli oggetti da tavola in colata colorata – raccontano la stessa idea con leggerezza.
Tre palette che domano la colata
- Avorio, rovere naturale, grigio caldo – con un accento rosso corallo.
- Pietra serena, lino grezzo, nero soft – con un verde bosco profondo.
- Calce bianca, frassino chiaro, ottone satinato – con un blu oltremare.
10. Dentro la materia di Gaetano Pesce
Quando si parla di Gaetano Pesce, non si può prescindere dalla materia. Le resine sono il cuore della sua ricerca: poliuretani, epossidiche, pigmentate a volte con colori vividi, altre arricchite con cariche minerali o polveri sottili per modulare luce e densità. Sono materiali termoindurenti – una volta catalizzati, non tornano indietro, non si rifondono. Una scelta radicale, come molte delle sue.
Ma come si riconosce un buon esemplare di Pesce? Serve uno sguardo attento. I bordi e gli spessori raccontano molto: una colata ben fatta mostra transizioni pulite, gradazioni di colore credibili, mai piatte o scolorite. La marchiatura o la documentazione sono importanti, anche per le serie limitate. E sotto ogni tavolo o seduta c’è un mondo nascosto: traverse, inserti, piastre che rivelano come sono stati irrigiditi e pensati.
Quando si tratta della celebre serie Up, gli originali vanno valutati per l’elasticità e l’integrità del rivestimento. Le riedizioni più recenti, invece, meritano attenzione nei dettagli: tessuti, cuciture, schiume – tutto racconta un pezzo di storia.
E la manutenzione? Più semplice di quanto si pensi. Polvere via con un panno morbido, acqua tiepida e detergenti neutri per le superfici lucide. Niente solventi aggressivi. Il sole, invece, va evitato: i raggi UV possono alterare il tono e la brillantezza. E per proteggere i piani, meglio usare sottopiatti e feltrini sotto oggetti pesanti.
Resta poi il grande tema dell’ingiallimento. Fa parte della natura del materiale. Pesce non lo nasconde, lo accetta. Anzi: in molti casi quella patina uniforme diventa una qualità, un segno del tempo che amplifica la bellezza dell’oggetto.
E quando si parla delle sue opere pubbliche, le reazioni non sono mai scontate. Le sue installazioni – anche quelle che celebrano figure popolari come Pulcinella – hanno spesso diviso pubblico e critica. Ma del resto, non è lo scandalo il punto: è la conversazione che la forma riesce ad aprire.
11. Come e dove cercare: musei, gallerie, aste e il second hand selezionato su Deesup
Le icone di Pesce sono presenti in musei e collezioni, e compaiono a catalogo nelle principali aste di design. Chi desidera portare a casa un pezzo – storico o contemporaneo – può muoversi con tre strumenti: informazione, occhi allenati e canali affidabili. In questo senso, il second hand certificato è un alleato prezioso: su Deesup trovi selezioni curate di sedute, tavoli, oggetti in resina e imbottiti – con foto macro, misure reali, descrizione delle finiture e dello stato di conservazione – oltre a pezzi della galassia radicale che dialogano naturalmente con il suo linguaggio. È il modo migliore per unire autenticità e sostenibilità, tenendo sotto controllo budget e qualità.
12. Conclusioni – il coraggio dell’imperfezione che ci somiglia
L’opera di Gaetano Pesce ci ricorda che la casa non è un set, è una biografia materiale. La colata che sborda, la seduta che si gonfia, il colore che non si ferma al bordo – tutto parla di vita vera, fatta di curve, di incidenti felici, di cambi di umore. Portare quel racconto nelle stanze significa scegliere una bellezza che non chiede permesso ma si prende cura di noi, perché ci riconosce per quello che siamo: diversi, contraddittori, vivi. Se decidi di farlo, fallo bene – con misura, con attenzione alla luce, con materiali che sappiano ascoltare. E se vuoi un’icona con storia, cercala dove la storia è garantita: nel mercato dell’usato selezionato e certificato, dove gli oggetti girano, cambiano casa, continuano a raccontare. È così che l’energia di Pesce – intensa, umana, lucidissima – smette di essere un’immagine e diventa un’abitudine felice.