Se oggi pensiamo all’ufficio come a un luogo flessibile, in cui il colore aiuta la concentrazione e ogni dettaglio ha una funzione precisa, è anche merito di un esperimento nato in Piemonte oltre sessant’anni fa. Nella cittadella di Ivrea, Olivetti immaginò un habitat lavorativo che mettesse al centro la persona, e la divisione Synthesis ne divenne l’espressione tangibile: sistemi di arredo modulari, accessori vivaci, un’inedita attenzione all’ergonomia che ancora oggi ispira designer e collezionisti.
INDICE
- Un sogno inziato tra mattoni rossi e visioni d’avanguardia
- Ivrea fra fabbrica e utopia sociale: il contesto che genera Synthesis
- Una divisione dedicata al benessere in ufficio: perché nasce Synthesis
- Il tocco di Ettore Sottsass: oggetti iconici che portano colore alla scrivania
- Mario Bellini e la logica modulare che anticipa il coworking
- Dentro un ambiente Synthesis: scrivanie, cassettiere, armadi e serie 45
- Funzionalità cromatica: la psicologia del lavoro secondo Olivetti
- Piccoli grandi dettagli: dal posacenere girevole all’appendiabiti componibile
- Dal boom economico al design da collezione: il valore degli arredi storici
- Dove trovare i pezzi originali: musei, aste e marketplace dell’usato certificato
- Mantenere e restaurare: consigli pratici per riportare a nuova vita un mobile Synthesis
- Conclusioni – L’eredità di un progetto che guarda ancora al futuro
1. Un sogno inziato tra mattoni rossi e visioni d’avanguardia
Nel silenzioso respiro di Ivrea, tra le colline del Canavese, Camillo Olivetti fissa nel 1908 una promessa d’innovazione: dar vita alla prima fabbrica italiana di macchine da scrivere. Non era solo un’impresa, ma un sogno concreto – un laboratorio dove architettura, tecnologia e cultura convivono, e i mattoni rossi custodiscono il desiderio di un mondo migliore. Seguendo la visione paterna, Adriano Olivetti porta avanti con un’energia nuova e illuminata il progetto di famiglia: dopo gli studi e un viaggio formativo negli Stati Uniti, riplasma l’impresa di famiglia in un esperimento unico di civiltà industriale. Sotto la sua guida nascono icone come la Lettera 22, la calcolatrice Divisumma e il rivoluzionario Elea 9003, ma soprattutto prende forma un pensiero radicale: l’idea che l’impresa possa essere uno spazio di cultura, bellezza condivisa e responsabilità sociale.
2. Ivrea fra fabbrica e utopia sociale: il contesto che genera Synthesis
Negli anni Cinquanta la cittadina di Ivrea non era soltanto la sede produttiva di Olivetti S.p.A.; era un laboratorio dove fabbrica, abitazioni e servizi convivevano in un unico tessuto urbano, plasmato dall’idea che il progresso tecnico dovesse migliorare la vita delle persone. In questo scenario, l’arredo da ufficio non poteva limitarsi a sorreggere macchine da scrivere: doveva favorire il dialogo tra colleghi, stimolare la creatività, persino suggerire un nuovo galateo del lavoro. La nascita di una divisione dedicata all’ambiente interno era quindi più che un’intuizione commerciale; era la naturale estensione di una filosofia aziendale che vedeva nell’estetica un motore di civiltà.
3. Una divisione dedicata al benessere in ufficio: perché nasce Synthesis
Il nome “Synthesis” indica già l’obiettivo: fondere ergonomia, produzione industriale e qualità formale in un unico sistema coerente. Lanciata nel 1959, la linea offriva componenti che potevano essere riconfigurati senza interventi strutturali; bastava spostare un modulo o cambiare il piano di una scrivania per adattare la postazione all’evoluzione delle mansioni. Questa elasticità anticipava di decenni l’idea di hot-desking e di ufficio agile, dimostrando che la standardizzazione non era sinonimo di anonimato, ma poteva anzi generare ambienti fortemente personalizzabili.
4. Il tocco di Ettore Sottsass: oggetti iconici che portano colore alla scrivania
Quando Ettore Sottsass approda a Ivrea come consulente, porta con sé una tavolozza audace e un gusto per le geometrie ironiche. Il celebre posacenere girevole – un cilindro di plastica nera che ruota per nascondere i mozziconi – è un manifesto di funzionalità spiritosa; così l’appendiabiti modulare, composto da dischi in melamina che si avvitano a un montante, trasforma il gesto di riporre il cappotto in un piccolo rituale visivo. Sottsass progetta anche lampade da tavolo dove il rosso, il senape e il turchese dialogano con i grigi dei macchinari, offrendo all’impiegato un contrappunto cromatico a giornate spesso dominate dal bianco della carta.
5. Mario Bellini e la logica modulare che anticipa il coworking
Poco dopo, la direzione artistica passa a un giovane architetto milanese, Mario Bellini, che approfondisce la versatilità dei sistemi. Le sue scrivanie con gamba a T permettono di estendere il piano mediante staffe ad aggancio rapido; cassettiere su ruote scorrono sotto il top o fungono da supporto laterale, mentre pannelli fonoassorbenti si alzano e si abbassano come quinte di un teatro produttivo. Bellini intuisce che la tecnologia – le prime calcolatrici elettroniche, i terminali dell’Informatica nascente – richiede cablaggi ordinati e superfici libere: nasce così una struttura canalizzata che nasconde i cavi senza sacrificare la facilità di manutenzione, anticipando il panorama dei coworking contemporanei.
6. Dentro un ambiente Synthesis: scrivanie, cassettiere, armadi e serie 45
Il cuore della collezione è la cosiddetta serie 45, chiamata così per la smussatura a quarantacinque gradi che rende più sicuro l’incontro tra piano e bordo, evitando urti e dando alla composizione un aspetto prismatico. Le scrivanie si abbinano a cassettiere sospese o su rotelle, progettate per ospitare cartelle su standard internazionale; gli armadi a battente si modulano in altezza per seguire l’andamento di controsoffitti e finestre. Ogni elemento è verniciato a polvere in tinte tenui – grigio perla, verde salvia, beige – pensate per favorire la lettura dei documenti senza riflessi stancanti, mentre il metallo sottile riduce il peso e agevola le riconfigurazioni.
7. Funzionalità cromatica: la psicologia del lavoro secondo Olivetti
Olivetti era convinta che la produttività passasse anche da un ambiente visivamente equilibrato. Per questo la divisione Synthesis sviluppò una scala cromatica che metteva in relazione la temperatura della luce fluorescente con la saturazione delle superfici, studiando persino il modo in cui l’occhio umano percepisce la profondità in open space di grandi dimensioni. Non si trattava di marketing: documenti interni riportano analisi sul comfort visivo e sulla riduzione della fatica oculare, temi oggi rilanciati da chi progetta uffici biofilici e wellness-oriented.
8. Piccoli grandi dettagli: dal posacenere girevole all’appendiabiti componibile
Se le grandi strutture definivano lo spazio, gli accessori ne affinavano il carattere quotidiano. Il posacenere di Sottsass, con il suo meccanismo centrifugo, risolveva il problema degli odori in ambienti condivisi. L’appendiabiti, grazie ai moduli avvitabili, poteva crescere in altezza o espandersi lateralmente, adattandosi sia all’ufficio dirigenziale sia al corridoio di una tipografia. Persino le vaschette portacorrispondenza, in ABS termoformato, recavano un leggero dislivello che facilitava la presa dei fogli, rivelando un’attenzione al gesto quasi maniacale.
9. Dal boom economico al design da collezione: il valore degli arredi storici
Con il passare dei decenni, molti mobili Synthesis hanno lasciato i grandi centri direzionali per approdare in loft creativi, gallerie d’arte e abitazioni private, diventando emblemi di un’eleganza industriale che il tempo ha reso ancora più attuale. Le scrivanie della serie 45 in buono stato superano facilmente i duemila euro alle aste internazionali; cassettiere a quattro moduli con serratura originale, se corredate di etichette metalliche, registrano rivalutazioni annue superiori al cinque per cento. Non è solo questione di rarità: il fascino deriva dall’autenticità di un design che aveva previsto le esigenze del lavoro digitale molto prima che il PC entrasse in ufficio.
10. Dove trovare i pezzi originali: musei, aste e marketplace dell’usato certificato
Chi vuole vedere esempi integri di ambienti Synthesis può visitare la collezione permanente del Museo Tecnologic@mente di Ivrea o la rassegna dedicata al design del lavoro alla Triennale di Milano. Per l’acquisto, le case d’asta milanesi e parigine organizzano vendite tematiche, ma i pezzi compaiono anche su marketplace specializzati in design usato, dove la tracciabilità del venditore e la documentazione fotografica di etichette e componenti interni aiutano a evitare copie. Un metodo pratico è confrontare le misure delle maniglie: quelle originali hanno passo 96 mm, mentre molte repliche adottano standard da 100 mm per compatibilità con ferramenta moderna.
11. Mantenere e restaurare: consigli pratici per riportare a nuova vita un mobile Synthesis
Il metallo verniciato può essere lucidato con cere sintetiche prive di solventi aggressivi, mentre piccoli graffi si colmano con stucchi epossidici applicati con spatola morbida, levigati e poi riverniciati a polvere con tinta RAL 7035 o 6011, a seconda della versione d’epoca. I piani in laminato richiedono detergenti neutri e microfibra per evitare opacizzazioni; le guide delle cassettiere, costruite in acciaio zincato, recuperano la scorrevolezza con una semplice vasellina tecnica. Restaurare significa rispettare la logica modulare: sostituire un pannello con materiale troppo spesso può compromettere l’allineamento dei frontali, perciò conviene affidarsi a falegnami abituati a lavorare su spessori di 18 mm esatti.
12. Conclusioni – L’eredità di un progetto che guarda ancora al futuro
La storia della divisione Synthesis mostra come l’arredo di serie possa essere strumento di emancipazione culturale, non semplice corredo funzionale. Nata per migliorare le condizioni di impiegati e tecnici in un’Italia che si affacciava al mondo globale, la collezione continua a ispirare progettisti impegnati su coworking, smart office e soluzioni nomadi. Quel che rimane attuale non è soltanto la forma – elegante nella sua nitidezza modulare – ma il metodo: osservare i bisogni delle persone, tradurli in oggetti accessibili, comunicare il progetto con chiarezza. Possedere oggi una scrivania o un appendiabiti Olivetti significa riconnettersi con un’idea di lavoro umanista, in cui la tecnologia è al servizio della comunità e il design diventa ponte fra individuo e impresa. In un mondo che cambia sempre più in fretta, la lezione è limpida: innovare vuol dire creare sistemi aperti, pronti ad accogliere funzioni e sogni ancora da inventare.
Fonte immagine: Ufficio campione Olivetti Synthesis Sistema 45, Firenze 1971, Foto di Gabriele Basilico