Una scacchiera può essere un oggetto d’uso o un oggetto di sguardo: cambia a seconda di come è progettata, di come invecchia e di dove la mettiamo. Nel Novecento il gioco degli scacchi è diventato anche un tema per designer e artisti, capace di trasformare regole astratte in forme concrete. Scegliere una scacchiera da collezione, oggi, significa tenere insieme ergonomia, cultura materiale e identità visiva della casa.
INDICE
- Perché collezionare scacchiere oggi
- Quando una scacchiera diventa design
- Proporzioni e leggibilità: ciò che rende un set “giocabile”
- Materiali: legno, pietra, metallo, vetro e resine
- Esemplari storici e edizioni d’autore: cosa cercare davvero
- La scacchiera “particolare”: sperimentazioni senza perdere equilibrio
- Scacchi e design moderno: linee essenziali, segni forti
- L’eleganza come progetto: finiture, contrasti e dettagli
- Come valutare un pezzo usato: autenticità, stato, interventi
- Scacchiera in soggiorno: dove metterla e come abbinarla
- Cura e manutenzione: far durare materiali e superfici
- Scegliere una scacchiera da collezione che resti nel tempo
1. Perché collezionare scacchiere oggi
Collezionare scacchiere non coincide necessariamente con accumulare “varianti” dello stesso oggetto. Spesso è l’opposto: è una pratica di selezione, un modo per scegliere pochi pezzi capaci di raccontare un’idea di forma, di tempo e di rituale. Gli scacchi sono un gioco di regole fisse, ma gli oggetti che lo rendono possibile – tavola e pezzi – cambiano con le culture, con le tecniche, con i gusti.
C’è poi un aspetto domestico molto concreto. Una scacchiera vive bene in casa perché mette insieme utilità e presenza: sta su un tavolino, su una credenza, su una libreria; invita alla pausa senza chiedere molto spazio. In una quotidianità piena di schermi, un set fisico riporta il gesto al centro: aprire una scatola, disporre i pezzi, toccare materiali diversi, ascoltare un suono quando il legno incontra il legno o quando la pietra si posa sulla casella.
Infine, una scacchiera è una piccola architettura. È una griglia che organizza il campo visivo, un’alternanza di pieni e vuoti, un sistema di proporzioni. Per questo designer e artisti se ne sono occupati: perché dentro una scacchiera c’è già un linguaggio grafico, una sintassi di contrasti che può diventare oggetto.
2. Quando una scacchiera diventa design
Non tutte le scacchiere “belle” sono design, e non tutte quelle di design sono immediatamente “belle”. Il punto è capire cosa intendiamo: design significa progetto, cioè una scelta coerente tra funzione, forma, materiali e produzione. Una scacchiera diventa un pezzo di design quando la sua estetica non è un’aggiunta ornamentale, ma la conseguenza di un’idea di uso e di presenza nello spazio.
Nel Novecento la scacchiera entra spesso in due mondi che si toccano: quello dell’arredo e quello dell’arte. Da un lato, set pensati per la casa moderna, dove la scacchiera deve stare bene in un soggiorno e non sembrare un oggetto “a parte”. Dall’altro, interpretazioni concettuali, dove il gioco diventa metafora: opposizioni, strategie, ruoli. In entrambi i casi, però, l’oggetto resta interessante solo se mantiene un equilibrio tra simbolo e maneggevolezza.
Un segnale di qualità progettuale è la chiarezza delle scelte. Una scacchiera in legno con intarsi puliti, un bordo proporzionato, una scatola integrata e pezzi che si prendono bene in mano è un oggetto pensato. Allo stesso modo, una scacchiera più sperimentale – ad esempio con pezzi ridotti a volumi geometrici – può essere coerente se la leggibilità resta, se le differenze tra i pezzi non richiedono sforzo continuo.
In altre parole: il design di una scacchiera non è la sua stravaganza, ma la sua capacità di essere un oggetto completo, con una gerarchia interna chiara.
3. Proporzioni e leggibilità: ciò che rende un set “giocabile”
Prima ancora dei materiali, conta la proporzione. Una scacchiera da collezione può anche essere esposta, ma se vuole restare un oggetto vivo deve funzionare durante una partita. La giocabilità si basa su un rapporto corretto tra dimensione delle caselle, ingombro dei pezzi e stabilità.
Le regole pratiche, più che numeri assoluti, sono relazioni:
- Casella e base del pezzo: la base dovrebbe occupare una parte della casella senza riempirla; se è troppo grande, i pezzi si ostacolano, se è troppo piccola, sembrano “persi” e instabili.
- Altezze e gerarchie: re e regina devono emergere con chiarezza, ma senza diventare fragili; alfieri e cavalli devono distinguersi anche da lontano.
- Contrasto cromatico: la distinzione tra campi e pezzi non deve essere ambigua. Contrasti troppo bassi (ad esempio tonalità molto simili) possono essere raffinati in foto, ma faticosi in uso.
Un’altra qualità spesso trascurata è la superficie. Se la scacchiera è troppo lucida, le luci della stanza creano riflessi che disturbano la lettura del campo. Se è troppo ruvida, lo scorrimento dei pezzi diventa sgradevole e può lasciare segni. Le scacchiere migliori, in senso concreto, hanno una finitura “giusta”: abbastanza stabile da durare, abbastanza morbida da invitare il gesto.
Il bordo conta più di quanto sembra
Molte scacchiere da collezione hanno una cornice importante, a volte integrata con cassetti o vano interno. È un dettaglio che cambia tutto: il bordo definisce la presenza dell’oggetto nell’arredo e incide sulla comodità. Un bordo eccessivo può far sembrare la griglia piccola e rendere i pezzi compressi; un bordo troppo sottile può far percepire l’oggetto come fragile. La cornice ideale è quella che “contiene” senza rubare scena.
4. Materiali: legno, pietra, metallo, vetro e resine
I materiali non sono solo estetica: determinano peso, tattilità, suono, manutenzione, e persino il modo in cui la scacchiera invecchia. Nella scelta di una scacchiera da collezione, il materiale dovrebbe essere coerente con l’uso e con lo spazio in cui vivrà.
Legno: è il materiale più equilibrato per un set che si usa davvero. Offre calore visivo, una buona risposta tattile e una manutenzione gestibile. L’aspetto importante è la qualità della lavorazione: intarsi puliti, giunzioni precise, stabilità della tavola. Alcune essenze scuriscono nel tempo, altre mostrano venature più marcate: la patina può diventare parte del fascino, a patto che non ci siano deformazioni da umidità.
Pietra (marmo, onice, ardesia): porta con sé una presenza più “architettonica”. È pesante, stabile, spesso scenografica. Richiede però attenzione: urti e cadute possono scheggiare spigoli e pezzi, alcune pietre sono porose e temono macchie. Una scacchiera in pietra funziona bene come oggetto in soggiorno se la superficie è ben finita e se il contrasto tra le caselle è chiaro senza risultare aggressivo.
Metallo: introduce una dimensione industriale o scultorea. Può essere elegante se lavorato con cura (spazzolature, anodizzazioni, ottone ben trattato), ma può diventare freddo o rumoroso se non c’è un pensiero sulle superfici di appoggio. In molti set, il metallo è perfetto per i pezzi più che per la tavola: peso e precisione sono piacevoli, mentre la griglia può restare in un materiale più “calmo”.
Vetro: visivamente leggero, ma spesso impegnativo in uso. Riflessi, impronte, micrograffi: sono aspetti inevitabili. Una scacchiera in vetro può essere interessante come oggetto di cultura visiva, soprattutto in interni molto essenziali, ma richiede una routine di cura più attenta e una collocazione che eviti urti.
Resine e materiali compositi: sono un capitolo a parte. Permettono colori controllati, forme nette, sperimentazioni. La qualità qui varia molto: alcune resine invecchiano bene, altre ingialliscono o si segnano facilmente. Il punto è osservare la densità e la finitura: se l’oggetto sembra “vuoto” o fragile, difficilmente reggerà l’uso.
Scegliere il materiale significa anche scegliere una certa idea di casa: più calda e tattile, più grafica e luminosa, più scultorea e pesante. La collezione, spesso, nasce proprio da questi contrasti.
5. Esemplari storici e edizioni d’autore: cosa cercare davvero
Quando si parla di scacchiere da collezione, l’immaginario corre subito verso nomi noti e set diventati icone del Novecento. È naturale, ma non è sufficiente. La vera domanda è: cosa rende un set “da collezione” senza cadere nella semplice rarità?
Ci sono almeno tre criteri solidi.
1) Una qualità di progetto riconoscibile.
Alcune scacchiere storiche sono interessanti perché traducono un linguaggio culturale (modernismo, razionalismo, minimalismo) in un oggetto d’uso. Anche quando i pezzi sono ridotti a forme essenziali, la gerarchia resta leggibile, e la tavola ha proporzioni coerenti.
2) Una produzione ben identificabile.
Nel collezionismo conta sapere “da dove viene” un oggetto: non per costruire mito, ma per capire materiali, tecniche e valore nel tempo. Un set con marchi, etichette, documentazione o caratteristiche produttive chiare è più facile da valutare e mantenere.
3) Un equilibrio tra integrità e patina.
La patina non è un difetto, se non compromette la funzione. Graffi leggeri, variazioni del legno, microsegni coerenti con l’età possono rendere il pezzo più interessante. Diverso è il caso di deformazioni, rotture, mancanze: lì la collezionabilità si gioca su quanto l’intervento sia reversibile e rispettoso.
In molte case, una scacchiera d’autore funziona perché è un oggetto “chiuso” e leggibile: una griglia chiara, pochi materiali, un gesto pulito. La difficoltà non è trovarne una, ma scegliere quella che non diventi un oggetto intoccabile, relegato a ripiano.
6. La scacchiera “particolare”: sperimentazioni senza perdere equilibrio
Una scacchiera particolare può essere un grande pezzo domestico, ma richiede un criterio più severo: la particolarità deve essere strutturale, non un travestimento. Colori insoliti, sagome eccentriche, pezzi troppo decorativi: sono scelte che spesso invecchiano rapidamente e rendono l’oggetto meno usabile.
Le sperimentazioni migliori, invece, lavorano su elementi profondi:
- Riduzione delle forme: pezzi trasformati in volumi geometrici, dove il riconoscimento avviene per proporzioni e tagli, non per figurazione.
- Materiali in contrasto: ad esempio legno e metallo, pietra e ottone, con un disegno che chiarisce ruoli e gerarchie.
- Griglia reinterpretata: la scacchiera resta 8×8, ma cambia la cornice, il modo in cui la tavola si inserisce in un supporto, o il rapporto con un contenitore integrato.
Il confine tra oggetto riuscito e oggetto “da foto” è la leggibilità durante una partita reale. Se, dopo cinque minuti, devi fermarti per ricordare quale pezzo è l’alfiere, l’oggetto sta chiedendo troppo. Una scacchiera particolare ben progettata, invece, ti permette di giocare quasi senza pensarci: la forma è nuova, ma l’uso resta naturale.
Un altro punto è la scala. Alcune scacchiere sperimentali sono piccole, quasi da scrivania, e funzionano come oggetti discreti. Altre sono grandi e diventano presenze importanti. In questo secondo caso, la particolarità deve essere ancora più controllata: un oggetto grande “porta” molta identità visiva e rischia di dominare l’ambiente. La soluzione spesso è la sobrietà: materiali coerenti, palette limitata, dettagli misurati.
7. Scacchi e design moderno: linee essenziali, segni forti
Parlare di scacchi design moderno significa riconoscere un cambiamento: la scacchiera non è più solo un gioco tradizionale, ma un oggetto che può dialogare con l’arredo contemporaneo senza apparire fuori posto. Le case di oggi spesso cercano volumi semplici, superfici continue, palette neutrali. Una scacchiera moderna, in questo contesto, non deve “decorare”: deve inserirsi come un elemento grafico.
Le soluzioni più convincenti puntano su pochi principi:
- Contrasto pulito: due materiali o due tonalità ben distinte, senza effetti speciali.
- Finitura controllata: superfici satinate o semi-opache che evitano riflessi e segni eccessivi.
- Pezzi leggibili per silhouette: differenze chiare tra le famiglie, spesso ottenute con tagli netti e proporzioni, più che con dettagli minuti.
C’è un motivo per cui le interpretazioni moderne tendono alla riduzione. La scacchiera è già un sistema complesso: 64 caselle, due eserciti, regole articolate. Se l’oggetto aggiunge troppi stimoli formali, l’insieme diventa rumoroso. La modernità qui coincide con la capacità di togliere il superfluo mantenendo identità.
In una casa contemporanea, una scacchiera moderna può vivere in modo naturale su un coffee table, accanto a libri d’arte o cataloghi, senza chiedere una “stanza dedicata”. È un oggetto piccolo ma strutturato: se il progetto è buono, dialoga con altre geometrie della casa (tappeti, quadri, scaffali) e crea un punto di attenzione silenzioso.
8. L’eleganza come progetto: finiture, contrasti e dettagli
La parola “elegante”, applicata a una scacchiera, non dovrebbe indicare lusso o preziosità fine a sé stessa. L’eleganza, qui, è una qualità progettuale: proporzioni stabili, materiali coerenti, dettagli risolti senza ostentazione. Una scacchiera elegante è quella che non stanca: la puoi lasciare in vista e continua a funzionare.
Ci sono alcuni dettagli che, più di altri, costruiscono questa sensazione.
La cornice e gli spessori.
Una cornice leggermente più spessa, ben raccordata, può dare all’oggetto un senso di solidità e “chiusura”. Al contrario, cornici troppo grosse o troppo decorative rendono la tavola pesante e spostano l’attenzione dalla griglia.
Il modo in cui il colore è ottenuto.
Nel legno, il contrasto può nascere da essenze diverse o da tinte: nel primo caso spesso è più stabile nel tempo, nel secondo va valutata la resistenza e l’uniformità. Nella pietra, il contrasto dipende dalle venature e può variare: affascinante, ma meno “grafico”. In entrambi i casi, l’eleganza sta nella leggibilità senza durezza.
I pezzi come micro-sculture.
In molti set da collezione, i pezzi sono l’elemento decisivo. Una finitura troppo lucida può trasformarli in oggetti da vetrina; una finitura più opaca invita la mano e accetta piccoli segni. Anche qui, l’eleganza è spesso una questione di misura: peso sufficiente per stabilità, base ben rifinita, superfici che non graffiano la tavola.
Quando queste cose coincidono, l’eleganza non è un effetto: è una conseguenza. Ed è anche ciò che rende un set trasversale, capace di stare sia in un interno più classico sia in uno più contemporaneo.
9. Come valutare un pezzo usato: autenticità, stato, interventi
Una scacchiera da collezione, se acquistata usata, va letta come si leggerebbe un mobile di modernariato: non basta guardare una foto frontale. Serve capire integrità, coerenza e possibilità di intervento.
Ecco cosa osservare, in modo concreto:
- Piano e stabilità: la tavola è perfettamente piana o mostra imbarcamenti? Un leggero movimento può essere tollerabile, ma deformazioni marcate incidono sull’uso e spesso indicano problemi di umidità o stoccaggio.
- Spigoli e bordi: scheggiature, urti, distacchi di impiallacciatura. Sono punti critici perché difficili da ripristinare in modo invisibile.
- Uniformità delle caselle: nei set in legno, controllare se ci sono caselle scolorite, macchiate o con verniciature disomogenee; nei set in pietra, verificare eventuali crepe o riempimenti.
- Condizione dei pezzi: mancanze, differenze di tonalità tra pezzi, basi consumate. I set incompleti sono un tema: a volte si possono reintegrare, ma quasi mai in modo perfetto.
Sul tema autenticità, la cautela è un atteggiamento sano. Non serve trasformare l’acquisto in un’indagine, ma è utile preferire contesti dove la selezione è curata e dove le informazioni sono chiare (materiali, epoca, condizioni). Per questo, quando si cerca un set di design o un pezzo di modernariato legato al mondo degli scacchi, ha senso guardare a canali in cui l’usato è trattato come oggetto progettuale e non come semplice “seconda mano”.
Un intervento di restauro può avere senso se è rispettoso: pulizia corretta, ripristino di una finitura senza stravolgere, sostituzione di feltrini o basi usurate. Più l’intervento è invasivo, più rischia di cambiare la natura del pezzo. Anche qui torna un principio semplice: meglio un segno onesto che un rifacimento aggressivo.
10. Scacchiera in soggiorno: dove metterla e come abbinarla
Una scacchiera vive bene in soggiorno perché lavora come oggetto “di soglia” tra funzione e immagine. Non deve essere per forza al centro del tavolo, ma deve essere accessibile: se per prenderla devi spostare troppe cose, diventerà solo decorazione.
Tre scenari funzionano spesso.
1) Su un coffee table, con spazio attorno.
Qui la scacchiera è un invito: se c’è un divano vicino e una luce adeguata, la partita nasce spontanea. In questo caso è utile lasciare un margine libero sul tavolino, evitando di sovrapporre vassoi e oggetti.
2) Su una credenza o una consolle bassa.
È una soluzione più “da oggetto”: la scacchiera può restare in vista, magari con i pezzi in posizione iniziale, e diventare parte della composizione. Funziona bene se la credenza ha una profondità sufficiente e se la scacchiera dialoga con altri elementi (libri, una lampada, una stampa).
3) In una libreria, come elemento grafico.
Alcune scacchiere – soprattutto quelle moderne o in materiali netti – possono stare in libreria come un quadro orizzontale. In questo caso è importante la protezione dalla polvere e la stabilità dell’appoggio.
Dal punto di vista degli abbinamenti, una regola pratica è lavorare per analogie o per contrasti controllati. Una scacchiera in noce e acero dialoga bene con arredi in legno caldo e tessuti naturali. Una scacchiera in pietra o metallo funziona con interni più essenziali, con superfici continue, con palette neutre. Se l’ambiente è già ricco di pattern e colori, conviene scegliere un set più silenzioso; se l’ambiente è minimale, una scacchiera con un carattere più marcato può diventare un punto di attenzione.
In un marketplace come Deesup, dove arredi e oggetti di design usati sono selezionati e fotografati con attenzione, è più semplice immaginare questi abbinamenti: non per “comprare di più”, ma per trovare coerenza tra pezzi che appartengono allo stesso linguaggio domestico.
11. Cura e manutenzione: far durare materiali e superfici
Una scacchiera da collezione dura se viene trattata come un piccolo arredo. Non richiede gesti complessi, ma costanza e rispetto del materiale.
Per il legno, la regola è evitare eccessi: niente prodotti aggressivi, attenzione a sole diretto e fonti di calore. Una pulizia con panno morbido asciutto o leggermente umido è spesso sufficiente. Se la superficie è cerata o oliata, la manutenzione va fatta con prodotti adatti e con ritmo lento: meglio poco e bene che spesso e male.
Per la pietra, serve prevenire macchie: sottobicchieri, niente liquidi appoggiati vicino, attenzione a sostanze acide. Se la scacchiera è in marmo o onice, un panno morbido e detergenti neutri sono la scelta più prudente. Le scheggiature si evitano con un gesto semplice: non “lasciare cadere” i pezzi, ma appoggiarli.
Per il metallo, il nemico è l’ossidazione o l’alone. Una microfibra pulita spesso basta. Se il set ha parti in ottone non protetto, è normale che il tempo crei variazioni: è una patina. Decidere se mantenerla o lucidararla dipende dal progetto del pezzo; in molti casi, la patina è parte della sua identità.
Per il vetro, la cura è soprattutto preventiva: evitare graffi, usare basi morbide per i pezzi, pulire con prodotti che non lascino residui. È il materiale più “visibile” nei difetti, quindi richiede una collocazione più protetta.
Un dettaglio utile per quasi tutti i set è la base dei pezzi: feltrini o rivestimenti inferiori devono essere integri. Se sono consumati, la sostituzione migliora subito l’uso e preserva la tavola. È un intervento semplice che cambia l’esperienza quotidiana.
12. Scegliere una scacchiera da collezione che resti nel tempo
Parlare di “migliori scacchiere” ha senso solo se definiamo migliori per chi, e per quale uso. Una scacchiera da collezione riuscita è quella che regge tre prove insieme: funziona quando ci giochi, regge lo sguardo quando è ferma, e invecchia senza perdere coerenza.
Per arrivarci, conviene partire da poche domande concrete: dove la userai, quanta luce ha la stanza, che rapporto vuoi tra oggetto e arredo, quanto vuoi che il materiale cambi nel tempo. Da lì, le scelte si restringono in modo naturale: legno per calore e quotidianità, pietra per presenza e gravità, metallo per precisione e segno, vetro per leggerezza visiva, compositi per interpretazioni più nette.
La collezione, spesso, nasce così: non dalla quantità, ma da un criterio che si affina. Un set può essere un inizio; un altro può rispondere a un diverso linguaggio della casa; un terzo può portare con sé una storia produttiva o un progetto riconoscibile. Se poi l’oggetto è anche usato e selezionato con cura – come accade quando si cercano pezzi autentici di design e modernariato su Deesup – entra in gioco un valore ulteriore: far circolare oggetti ben fatti, pensati per durare, senza trasformarli in reliquie.
Una scacchiera da collezione, alla fine, è un modo di mettere ordine: sul tavolo e nello sguardo. E se resta in casa a lungo, non è perché “vale”, ma perché continua a essere giusta.
Fonte immagine: vinciguerra shop – https://www.vinciguerrashop.com/
