Tre righe per entrare in atmosfera: in un cucchiaio Alessi convivono l’acciaio chirurgico di un laboratorio di precisione, l’ironia di un fumetto pop e la magia con cui un oggetto anonimo diventa compagno di vita. La storia che segue racconta come un piccolo laboratorio familiare abbia trasformato la “cultura della tavola” in un linguaggio universale, grazie a designer visionari, scommesse industriali coraggiose e – non ultimo – un’attenzione al collezionismo che oggi trova spazio anche sui marketplace dell’usato di qualità, Deesup in testa.
INDICE
- Dalle Alpi alla tavola: le radici alpesine di un marchio iconico
- Da Giovanni a Carlo e Alberto: tre generazioni per due rivoluzioni
- Fucina di autori: Castiglioni, Starck e gli altri architetti del quotidiano
- Oggetti-mito: bollitori, cavatappi e spremiagrumi che hanno fatto scuola
- Dream Factory e made in Italy: il metodo Alessi fra arte e serie
- Ventata postmoderna: Mendini, Graves, Sottsass e gli anni Ottanta a colori
- Ricerca e tecnologia: Sapper, Morrison e la grammatica dell’acciaio
- Benefit corporation e nuovi assetti: la governance tra famiglia e investitori stranieri
- Dall’uso quotidiano alla bacheca dei collezionisti: la parabola Alessi
- Riconoscere un Alessi d’annata: materiali, marchiature e manutenzione
- Armonie domestiche: inserire un pezzo Alessi in cucine e living contemporanei
- ConclusionI – Un cucchiaino che sorride al futuro
1. Dalle Alpi alla tavola: le radici alpesine di un marchio iconico
La storia comincia nel 1921 a Omegna, sulle rive del lago d’Orta, dove Giovanni Alessi fonda una piccola fonderia di ottone e alpacca. Lontano dalle grandi aree industriali, la famiglia punta sul saper fare artigiano di un territorio abituato a lavorare metalli sin dal Settecento. Tra caraffe lucide e vassoi sbalzati, il brand consolida una manualità che diventerà cifra stilistica: cesello minuzioso, lucidatura specchiante, cura quasi orafa per dettagli che altri considerano invisibili. In quel laboratorio si forgia l’idea che un oggetto per la casa possa essere prezioso pur restando popolare, un concetto che accompagnerà Alessi per oltre un secolo.
2. Da Giovanni a Carlo e Alberto: tre generazioni per due rivoluzioni
Negli anni Cinquanta Carlo Alessi introduce l’acciaio inossidabile, materiale futuristico per le cucine dell’epoca. Ma la vera svolta arriva con il nipote Alberto, che nei primi Settanta spalanca le porte dell’azienda a progettisti esterni. Il suo mantra – «a new utopia of everyday life» – trasforma la fabbrica in laboratorio culturale. Designer, architetti, artisti vengono invitati a sperimentare senza compromessi, mentre i tecnici Alessi studiano come tradurre schizzi visionari in cicli produttivi efficienti. È l’inizio della “Dream Factory”, un modello in cui la fantasia autoriale convive con la serie industriale. Nel 2019 una quota di maggioranza passa al fondo Iconic Holdco (Oakley Capital), con la famiglia ancora al timone e l’obiettivo di accelerare la trasformazione digitale.
3. Fucina di autori: Castiglioni, Starck e gli altri architetti del quotidiano
Negli anni Settanta Achille Castiglioni plasma il posacenere Spirale, un vortice di filo d’acciaio che trattiene la cenere con eleganza giocosa. Segue Richard Sapper con la caffettiera 9090, prima Moka ad aver conquistato il Compasso d’Oro, e poi Philippe Starck, che nel 1990 disegna lo spremiagrumi Juicy Salif, un ragno d’alluminio che scuote il mercato dividendo critici e consumatori. Alessi diventa così un ring creativo dove si alternano Jasper Morrison, Stefano Giovannoni, Naoto Fukasawa: ciascuno porta un dialetto formale che l’azienda traduce in acciaio, resina o bioplastica, mantenendo costante la qualità tattile che fa riconoscere un pezzo al primo tocco.
4. Oggetti-mito: bollitori, cavatappi e spremiagrumi che hanno fatto scuola
Il bollitore 9093 di Michael Graves – punta azzurra e fischietto giallo a forma d’uccellino – diventa status symbol degli anni Ottanta; l’Anna G. di Alessandro Mendini trasforma il gesto di stappare il vino in un sorriso antropomorfo; il timer a forma di uovo di Giovannoni porta l’ironia nella misura del tempo. Dietro ogni prodotto c’è un racconto: un aneddoto, una citazione artistica, un gioco linguistico. È questa dimensione narrativa a trasformare un utensile in oggetto da collezione: quando la funzione è soddisfatta, quello che resta è la storia che l’oggetto continua a raccontare.
5. Dream Factory e made in Italy: il metodo Alessi fra arte e serie
Per conciliare creatività e produzione, Alessi sviluppa fin dagli anni Ottanta un reparto prototipi che dialoga con designer in tempo reale. Gli artigiani dell’azienda – molti dei quali lavorano da due generazioni – sanno piegare una lamiera come un sarto drappeggia la seta. Nel frattempo le catene di montaggio si dotano di robot di lucidatura e macchine laser per tagli millimetrici. Il risultato è un equilibrio sottile: ogni pezzo porta le imperfezioni minime di una mano esperta, ma raggiunge standard qualitativi replicabili su larga scala. Questo mix di savoir-faire umano e tecnologia fa di Alessi uno dei vessilli del made in Italy, capace di esportare il 70% del fatturato dagli anni Novanta in poi.
6. Ventata postmoderna: Mendini, Graves, Sottsass e gli anni Ottanta a colori
Quando Alessandro Mendini dipinge a pois la sua Moka Tutta la Fantasia, Alessi abbraccia ufficialmente il postmodernismo: forme archetipiche rivestite di colori pop, citazioni dotte rese ironiche. Con Sottsass arrivano i barattoli Girotondo – bordi rossi e trafori a omini stilizzati – mentre Michael Graves innesta motivi Art Déco nei coperchi di zuccheriere in acciaio. Questa stagione, spesso criticata dai puristi per l’apparente decorativismo, in realtà sdogana il concetto di design come piacere emotivo: la funzionalità non viene meno, ma si colora di una personalità inconfondibile.
7. Ricerca e tecnologia: Sapper, Morrison e la grammatica dell’acciaio
Negli anni Duemila la ricerca torna a concentrarsi sulla precisione meccanica. Richard Sapper firma la bollitore MGX con fischietto a due note che riproduce intervalli d’ocarina; Jasper Morrison progetta i set da tavola Pots&Pans, riducendo manici e profili all’essenziale zen. Alessi sperimenta nuove leghe a bassa conducibilità per coperchi che restano freddi, oltre a rivestimenti anti-aderenti senza PFOA per padelle orientate a un pubblico sempre più attento alla salute. Il design si ricompone così con l’ingegneria, dimostrando che l’estetica può guidare l’innovazione tecnologica invece di limitarla.
8. Benefit corporation e nuovi assetti: la governance tra famiglia e investitori stranieri
Dal 2020 Alessi è società benefit, impegno che si traduce in riduzione di CO₂, imballaggi riciclabili e programmi di welfare territoriale. Il 40 % del capitale nelle mani di Iconic Holdco ha portato capitali per la digitalizzazione – e-commerce multilingue, configuratori 3D, realtà aumentata – ma il board resta a maggioranza familiare con Alberto Alessi come presidente onorario. Nel 2025 il designer-imprenditore ha ricevuto l’American Prize for Design per la sua visione di “poesia industriale”, consacrando il marchio fra i leader globali dell’innovazione culturale.
9. Dall’uso quotidiano alla bacheca dei collezionisti: la parabola Alessi
Uno dei paradossi Alessi è la capacità di essere al tempo stesso democratica e da collezione: un cavatappi costa poche decine di euro, ma una prima serie di Juicy Salif può superare i mille in asta. Nel mezzo, un mercato vivace di pezzi fuori produzione, prototipi, edizioni speciali. Deesup intercetta proprio questa fascia: mette in circolazione Anna G. d’annata, caffettiere 9090 con marchiatura primissima, teiere Bombé ormai rare, verificandone autenticità e stato di conservazione. Il risultato è un’economia circolare in cui il design dura più di una moda e acquista valore di generazione in generazione.
10. Riconoscere un Alessi d’annata: materiali, marchiature e manutenzione
Un pezzo autentico porta sempre punzonatura laser con logo e codice prodotto; nelle serie anni Settanta il marchio è spesso inciso manualmente sul fondo. L’acciaio 18/10 di qualità mostra un riflesso leggermente più caldo rispetto alle leghe economiche; basta un panno in microfibra e detergente neutro per mantenerlo specchiante. Per bollitori con fischietti in termoplastica, evitare fuochi a gas troppo larghi: la fiamma che scappa sui lati può ingiallire i polimeri. In caso di ammaccature leggere, un artigiano di Omegna può raddrizzare la lamiera con martelli di gomma senza lasciare segni: spesso vale il viaggio, visto che un restauro corretto mantiene intatta la quotazione sul mercato secondario.
11. Armonie domestiche: inserire un pezzo Alessi in cucine e living contemporanei
Un Juicy Salif su una mensola in rovere naturale diventa scultura industriale che rompe la monotonia scandinava; la caffettiera 9090, appoggiata su fornelli a induzione, dialoga con superfici hi-tech come un oggetto di design contemporaneo; la zuccheriera Girotondo porta un sorriso sulla tavola minimal di pietra sinterizzata. Il segreto è lasciar respirare l’oggetto, magari dedicargli un piano d’appoggio illuminato da un faretto a LED a temperatura calda. Così il design non si impone ma racconta, e l’uso quotidiano diventa piccolo rituale estetico.
12. Conclusioni – Un cucchiaino che sorride al futuro
Alessi ci ricorda che la bellezza può nascondersi nei gesti più ordinari: aprire una bottiglia, spremere un limone, versare il caffè. Ogni oggetto è una porta aperta su un mondo di riferimenti culturali, di tecniche affinate, di storie familiari. Portarne uno in casa – che sia una novità appena uscita dalla fabbrica di Crusinallo o un pezzo vintage trovato su Deesup – significa sposare l’idea che anche la quotidianità meriti un po’ di poesia. E se un semplice cucchiaino riesce a farci sorridere, forse il design ha davvero compiuto la sua missione: migliorare la vita, un dettaglio scintillante alla volta.