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Michele De Lucchi: il progettista che ha dato forma alla luce (e a molti dei luoghi che abitiamo)

Posted on 8 Agosto 20258 Agosto 2025

Se nel tuo studio hai una lampada che segue la mano mentre scrivi, se in cucina usi una caffettiera dal profilo cesellato come un piccolo totem o se hai attraversato un ponte di vetro che sembra una carezza sulla città, è probabile che tu abbia incrociato il mondo di Michele De Lucchi. Architetto, designer, pensatore curioso, ha saputo passare dall’oggetto al paesaggio con una naturalezza rara, facendo della semplicità una disciplina e dell’emozione un obiettivo concreto. Il suo lavoro ci insegna che il progetto non è mai soltanto forma: è un modo di stare al mondo, con leggerezza e responsabilità.

INDICE

  1. Dalle aule al laboratorio dell’avanguardia: gli inizi, Memphis e la lezione di Sottsass
  2. Olivetti e l’industria gentile: l’oggetto come compagno di lavoro
  3. Tolomeo: la lampada che ha cambiato il gesto sulla scrivania
  4. Oltre Tolomeo: luce soffice, globi lattiginosi e piccoli talismani domestici
  5. Oggetti per la tavola: dalla caffettiera scultorea alle pieghe “haute couture”
  6. Architetture che uniscono: dal ponte sul fiume Mtkvari al padiglione nel cuore di Milano
  7. AMDL Circle e le “Earth Stations”: la città come luogo che accoglie
  8. Una nuova magia visiva: De Lucchi reinterpreta la saga di Harry Potter
  9. Il metodo De Lucchi: matite, modelli di legno e una regola semplice
  10. Inserire un suo pezzo in casa: suggerimenti di abbinamento senza forzature
  11. Collezionare con criterio: autenticità, manutenzione e dove comprare bene (Deesup)
  12. Conclusioni – Perché il suo lavoro invecchia bene (e migliora i nostri giorni)

1. Dalle aule al laboratorio dell’avanguardia: gli inizi, Memphis e la lezione di Sottsass

Nato a Ferrara nel 1951, Michele De Lucchi trova presto a Milano la sua vera casa professionale. Il suo percorso formativo intreccia architettura, vivaci dibattiti culturali e una profonda curiosità per le arti applicate. Alla fine degli anni ’70, De Lucchi entra in contatto con l’energia dei collettivi più innovativi, approdando prima alle sperimentazioni di Alchimia e poi al fervore creativo di Memphis Milano. Quando Ettore Sottsass raduna la sua “tribù” tra il 1980 e l’81, Michele è tra i membri più attenti e appassionati: qui impara a usare il colore come punteggiatura, le geometrie come ritmo e l’ironia come strumento critico. Da questa esperienza nascono oggetti che sembrano frasi visive, con superfici percorse da segni grafici, piani che mutano colore per raccontare diverse funzioni e gambe inclinate a fare da parentesi.

Sottsass come maestro, De Lucchi come “traduttore”

Sottsass spinge verso una carica totemica e sciamanica dell’oggetto; De Lucchi assorbe la lezione e la porta in un territorio più sobrio e civile. Dalla festa cromatica degli esordi nasce una maturità che non rinuncia al sorriso ma lo affida alla qualità del gesto. È la traiettoria che dalla sedia “manifesto” conduce alla precisione della lampada da lavoro: stessa libertà, nuovo equilibrio.

Dalla scena radical alla gentilezza quotidiana

Quell’esperienza non resta un ricordo: filtra nella produzione successiva come una sottile disobbedienza felice. Anche quando i colori si attenuano, resta la libertà di composizione, la citazione colta maneggiata con misura, l’idea che un oggetto possa emozionare senza urlare. È il filo che unisce la stagione Memphis ai progetti più “tranquilli” degli anni successivi.

2. Olivetti e l’industria gentile: l’oggetto come compagno di lavoro

A fine anni Settanta inizia un dialogo intenso con il mondo dell’elettronica e dell’ufficio. Olivetti, azienda che ha fatto dell’innovazione umanista una bandiera, gli affida linee di prodotti e l’immagine di sistemi pensati per un lavoro meno grigio e più “pensante”. De Lucchi porta nell’industria la lezione dell’artigianato: plastiche educate, spigoli smussati, interfacce che non intimidiscono. Non è solo un fatto di stile – è una questione etica. Una stampante, un computer, una scrivania possono “parlare piano”, facilitare la concentrazione, ridurre la fatica visiva. Da qui nasce una generazione di oggetti discreti, compatti, facilmente smontabili per manutenzione e riciclo: la funzionalità che diventa cortesia.

3. Tolomeo: la lampada che ha cambiato il gesto sulla scrivania

Quando nel 1987 Artemide presenta Tolomeo, firmata da De Lucchi con Giancarlo Fassina, molti capiscono che qualcosa è cambiato. Non è soltanto una lampada da lavoro: è un sistema di leve e contrappesi che trasforma la luce in un prolungamento del braccio. Il cavo scompare dentro la geometria dei bracci, gli snodi si muovono con la precisione di un compasso, la testa ruota e si ferma dove serve, senza sforzi. Tolomeo è la prova che la tecnologia può essere silenziosa e il design, quando è ben fatto, non si nota: si usa. Il successo attraversa le epoche, dalle moderne versioni a LED alle varianti micro per comodino; architetti, studenti, illustratori la scelgono perché “sta al suo posto” e segue il lavoro, non lo ostacola.

Un dettaglio che fa la differenza

La base pesante e sottile, la molla a vista, la micro-maniglia sulla testa: tre dettagli che raccontano una promessa mantenuta. Stabilità, controllo, gesto naturale.

4. Oltre Tolomeo: luce soffice, globi lattiginosi e piccoli talismani domestici

Il rapporto con la luce non si ferma alla lampada tecnica. Negli anni, De Lucchi esplora un registro più morbido: sfere in vetro opalino che diffondono un chiarore lattiginoso e benevolo, lampade da tavolo in cui un anello, un cono o una piccola cupola bastano a suggerire una presenza amichevole. In casa questi “talismani di luce” funzionano come candele contemporanee: non abbagliano, non invadono, avvolgono. L’obiettivo è sempre quello: dare qualità allo spazio con il minimo apparato. Se la lampada da lavoro ti aiuta a concentrarti, quella da atmosfera ti fa respirare a fondo.

5. Oggetti per la tavola: dalla caffettiera scultorea alle pieghe “haute couture”

C’è una stagione in cui l’architetto scende in cucina e la trasforma in un piccolo teatro di gesti felici. Per aziende italiane attive nell’arte della tavola disegna una caffettiera d’acciaio dal profilo studiato per interrompere il flusso al momento giusto: piccola scultura da fuoco, pensata per la mano prima ancora che per la vetrina. Anni dopo arrivano bollitori e tostapane vestiti di pieghe verticali: superfici “plissettate” che sembrano uscite da un atelier di moda e rendono l’elettrodomestico un oggetto da non nascondere. Anche qui una regola invisibile guida il progetto: si può portare poesia nel quotidiano senza complicare la vita. Il design, quando riesce, accende il sorriso e dura nel tempo.

6. Architetture che uniscono: dal ponte sul fiume Mtkvari al padiglione nel cuore di Milano

Passare dall’oggetto alla città non è un salto nel vuoto se lo sguardo resta lo stesso. Il ponte pedonale sul fiume Mtkvari (a Tbilisi) traduce in scala urbana la delicatezza di una lampada ben calibrata: un arco di vetro e acciaio che non schiaccia il paesaggio, ma lo ricama, collegando le due sponde con una curva gentile. A Milano, in piazza Gae Aulenti, un padiglione in legno lamellare – pensato come salotto civico – accoglie mostre, conferenze, momenti di comunità. Sono architetture che non pretendono pose: invitano ad attraversarle. E quando scende la sera, la luce interna fa il resto, trasformandole in lanterne abitabili.

7. AMDL CIRCLE e le “Earth Stations”: la città come luogo che accoglie

Il nome dello studio – AMDL CIRCLE – racconta già il metodo: non un solista, ma una bottega in cui il progetto si costruisce per cerchi concentrici, dal dettaglio alla scala urbana. Tra le ricerche più affascinanti c’è quella delle “Earth Stations”: architetture-porto pensate come luoghi di incontro tra tecnologia, natura e persone. Spazi pubblici che accolgono senza intimidire, in cui il legno e la luce naturale tornano a fare da protagonisti. È una visione che parla al nostro tempo: diventa urgente disegnare edifici capaci di ricaricare l’energia umana, non solo quella elettrica.

8. Una nuova magia visiva: De Lucchi reinterpreta la saga di Harry Potter

Nel 2021 Adriano Salani Editore ha affidato a Michele De Lucchi e al suo studio AMDL CIRCLE la sfida di reinterpretare architettonicamente i luoghi iconici della saga di Harry Potter per una nuova edizione italiana. In collaborazione con l’artista digitale Andreas Rocha, sono nate copertine che trasformano Hogwarts, la Tana e gli altri ambienti in archetipi abitativi, ispirati all’immaginario progettuale dello studio — con richiami a strutture come Abbazie, Cataste e il Ponte della Pace di Tbilisi. Lontane dall’iconografia cinematografica tradizionale, queste immagini stimolano una nuova immaginazione nel lettore. I sette volumi, disponibili anche in cofanetto, sono stati lanciati in libreria il 21 gennaio 2021.

9. Il metodo De Lucchi: matite, modelli di legno e una regola semplice

Un album di schizzi, un temperamatite, una manciata di listelli: così nascono molte delle sue idee. De Lucchi costruisce spesso piccoli modelli in legno – case, ponti, micro-padiglioni – per “vedere” come la luce tocca le superfici e come lo spazio respira. È un’ecologia del pensiero: prima la mano, poi il computer; prima il gesto, poi il rendering. La regola è semplice e insieme severa: eliminare il superfluo finché rimane solo ciò che serve, ma farlo con gentilezza, in modo che l’oggetto continui a dire “vieni, usami”.

10. Inserire un suo pezzo in casa: suggerimenti di abbinamento senza forzature

Come si porta a casa un progetto così preciso senza snaturarlo? In studio, una lampada da lavoro funziona al meglio su piani in legno naturale o linoleum: materiali che assorbono riflessi e riducono l’abbagliamento. In soggiorno, un globo in vetro opalino offre un’atmosfera uniforme: con un dimmer a 2700 K basta un tocco per passare dalla lettura alla conversazione. In cucina, la caffettiera in acciaio dialoga con piani in pietra e ceramiche smaltate; se ti piace lasciarla in vista, dedica uno scaffale libero per farla “respirare”.

Un accostamento che funziona (Memphis + De Lucchi)

Se ami l’eredità di Memphis Milano, prova a far convivere un accento grafico – una libreria totemica, una sedia dal segno deciso – con una Tolomeo su scrivania o consolle: lo scarto tra ironia e misura crea un dialogo sorprendente ma armonico. Tieni lo sfondo neutro (intonaco avorio, legno naturale, pietra chiara) e lascia “respiro” attorno ai pezzi.

11. Collezionare con criterio: autenticità, manutenzione e dove comprare bene (Deesup)

Se ti avvicini al collezionismo, osserva i dettagli. Nelle prime serie delle lampade da tavolo, le finiture degli snodi e la texture della verniciatura raccontano l’epoca; i globi in vetro di qualità hanno un’opalescenza uniforme, senza bolle o aloni; le caffettiere dal profilo scultoreo aprono e chiudono con un gesto netto, senza “grattare”. Per la manutenzione: panno in microfibra e detergente neutro sull’acciaio, niente abrasive; per i bracci delle lampade, spolvera con una spazzola morbida e non forzare i contrappesi.

Per acquistare con serenità, oltre a gallerie e aste, il canale più trasparente per l’usato di qualità è Deesup: qui compaiono periodicamente lampade di De Lucchi (anche prime serie Artemide) e pezzi certificati dell’universo Memphis. Ogni scheda riporta foto macro delle marchiature, misure reali e condizioni d’uso: un modo concreto per unire autenticità, sostenibilità e prezzo giusto.

12. Conclusioni – Perché il suo lavoro invecchia bene (e migliora i nostri giorni)

La parola chiave, alla fine, è gentilezza. Quella con cui un braccio si muove senza sforzo, con cui una luce si fa precisa ma non dura, con cui un ponte attraversa un fiume senza dominarlo. Michele De Lucchi ha costruito una carriera lunga e coerente proprio su questo equilibrio: togliere, semplificare, ma non impoverire; anzi, aggiungere senso, calore, qualità d’uso. Portare in casa un suo oggetto – una lampada da lavoro, un globo opalino, una caffettiera scolpita – significa scegliere un alleato discreto che migliora i gesti di ogni giorno. E se lo cerchi nel mercato dell’usato, fallo con lucidità: punta su pezzi ben conservati, controlla finiture e accessori, affidati a venditori che sostengano la storia con documenti. Su Deesup, dove gli oggetti passano al setaccio prima di trovare una nuova casa, è più semplice: e la bellezza che circola, anziché fermarsi, diventa ancora più preziosa.

Fonte immagine: Michele De Lucchi, nel suo studio a Milano, che illustra la funzione della macchina da caffè espresso “Pulcina” da lui progettata, Foto di Frank Röth

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