Il MoMA di New York dedica una mostra al cosiddetto Good Design, il design “buono e giusto”. Ma che cos’è oggi che rende il design “lodevole”?
C’è dell’arte in un manico di scopa? La risposta è sì, se quel manico di scopa è bello, funzionale e in qualche maniera innovativo. Questa la tesi portata avanti dal cosiddetto “Good Design“, movimento nato dalle riflessioni del Bauhaus, che negli Stati Uniti trovò terreno fertile per sviluppare la sua poetica.
Il Good Design
Il Good Design si sviluppa tra gli anni ’30 e gli anni ’50 del secolo scorso. Più che un movimento – che ebbe l’indubbio merito di contribuire a democratizzare il bello – andrebbe considerato una filosofia. E’ bello ciò che è semplice, ben fatto, è bello l’oggetto che ha uno scopo, che ha un giusto rapporto qualità prezzo, che è raffinato, che è in grado di migliorare la vita quotidiana delle persone. Un’attenzione insomma all’equilibrio tra l’aspetto estetico e quello pratico delle cose. <<Dobbiamo analizzare e interrogare gli oggetti semplici che usiamo nella nostra vita quotidiana, i nostri bicchieri, i piatti, le posate, i vestiti, le sedie, le lampade …>> sosteneva nel 1945 Elizabeth Mock, Direttore del Dipartimento di Architettura del MoMA.
Il ruolo del MoMA
E proprio il MoMa, il celeberrimo Museo d’Arte Moderna di New York, ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo del Good Design. Tra gli anni ’30 e ’50 commissionò infatti una serie di concorsi e mostre – come la Useful Objects (1938-48) o Organic Design (1940-41) – dedicati al design di qualità, ma accessibile, innovativo e quotidiano. Non solo: grande attenzione veniva posta, forse per la prima volta, al consumatore. E’ lui, in fondo, il sovrano che con le sue scelte può stabilire il destino delle cose. Per questo il Museo invitò gli acquirenti americani ad interrogarsi sul modo e sui motivi che li spingevano ad acquistare le cose. Un pò come dire: fermatevi, riflettete e solo dopo agite.
The Value of Good Design
Ma allora quale è il valore del Good Design? Cosa ci insegna? Cosa ci racconta? L’omonima mostra organizzata dal MoMa di New York (si può visitare fino al 15 giugno), ci parla di un mondo in evoluzione che attraverso il design “buono” – e in parte grazie ad esso – ha raggiunto nuovi traguardi, è cambiato, è cresciuto. L’esibizione ospita oggetti da tutto il mondo, che raccontano lo spirito del loro Paese. Come la Fiat 500, disegnata da Dante Giacosa, che ci parla di un’Italia gioiosa, in pieno boom economico; o come la fotocamera Werra, della Germania dell’Est, o il televisore Mitsubishi del tecnologico Giappone, o ancora la brasiliana Bowl Chair brasiliana. Ci sono pezzi iconici, dalla “leggera” di Giò Ponti alle sedute di Charles Eames, ad oggetti apparentemente banali, come l’aspirapolvere di Castiglioni o una macchina del caffè o addirittura un’ascia.
Che cosa è oggi il Good Design?
La mostra non è una semplice esposizione. E’ un monito, una richiesta. La speranza, per la sua curatrice Juliet Kinchin, è che stimoli un pensiero più creativo nei designer ed educhi consumatori più esigenti.
Ma cosa dovrebbero cercare oggi i consumatori? Cosa può essere definito design buono?
Ovviamente non c’è una risposta univoca. Ma sono tante le domande che possiamo iniziare a porci. Ad esempio: come è stato fatto l’oggetto che abbiamo comprato? E’ utile? E’ innovativo? E’ accessibile? E’ rispettoso dell’ambiente? E’ rispettoso del lavoro delle persone? Durerà?
Viviamo in un’epoca che richiede sensibilità e pensiero. Il design deve tornare ad essere “buono”, sotto diverse declinazioni.
Noi come Deesup, il primo marketplace del design di seconda mano, cerchiamo di contribuire a rendere il design “buono e giusto”, rendendolo più accessibile, aumentando la sua vita e abbattendo lo spreco.
E voi, cosa considerate design buono?